MARTA “MARTU” PALVARINI – Bias e rappresentazione nel role playing game

Chi sono e chi sono stati i tuoi maestri?

Io arrivo dal mondo dell’attivismo politico: anche grazie a questa esperienza, mi sono ritrovata a
co-fondare una casa editrice e fare game design. E non ho mai smesso di fare attivismo politico
perché, in qualche modo, anche quello che faccio tratta della cosa pubblica, della polis — ciò che è
polis è modificabile, è in prima persona. L’idea che si possa creare un prodotto culturale (sia un
libro o un video-gioco), modificando la realtà, è la spinta che ti porta ad auto-formarti cercando un
confronto con un collettivo o un gruppo. Quindi più che maestri parlo di persone: persone che si
sono formate vicendevolmente, leggendo, scrivendo o semplicemente parlandosi.

Che consiglio daresti a un giovane che si avvicina al mondo dei videogiochi?

Consiglio di partire da se stessi. Per costruire un gioco bisogna conoscere ciò che si sta scrivendo,
esattamente come un romanzo, ma, in un certo senso, ancora di più. Perché, se un romanzo nella
maggior parte dei casi rappresenta una scena alla volta, invece un gioco, in ogni sua fase, deve
tener conto di un range di possibilità. Per il resto bisogna mettersi alla prova. Quello che
suggerisco è farlo nell’ambito di un collettivo, fuoriuscire dalla dinamica che ha portato molte
aziende videoludiche a rimanere chiuse in loro stesse, adottando parametri poco fluidi. Per
produrre novità bisognerebbe invece sviluppare l’idea di cooperative, collettivi, gruppi organizzati.

Pensi che Milano sia il luogo giusto per sviluppare un’attività di game design?

Principalmente mi occupo di giochi analogici, gioco cartaceo e gioco in scatola. Quando stavo in
provincia mi sono allontanata per un po’ da questo mondo, la percezione era quella che fosse un
settore tossico, poco aperto all’innovazione e non ancora pronto a ragionare su alcune tematiche
per me fondamentali come quello dell’inclusione, sociale, di genere ecc.
A Milano, fortunatamente, tutto è cambiato. Abbiamo appena cominciato come casa editrice a
specializzarci nei videogame, e siamo state accolte benissimo, forse proprio per il fatto di essere
una comunity molto aperta, seppur molto piccola, che vuole creare cose nuove e che non sente la
competizione.

Cosa significa per te l’identità?

Possibilità di rappresentarsi e auto-rappresentarsi nel mondo reale. L’identità è una composizione
di etichette, di comportamenti e pensieri che in qualche modo agiscono sulla tua personalità
sociale nel mondo reale. L’identità nel mondo immaginario, nel gioco, è qualcosa che è costruito
nello stesso modo ma che può variare più facilmente: il bello del gioco è mettere in discussione la
propria identità.

Camilla Ricci

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