Workshop a cura di Umanesimo Artificiale e Francesco Corvi
In tempi non molto remoti, la cantante Aretha Franklin si esibiva con le famose improvvisazioni jazz, che prevedevano l’utilizzo di un pianoforte e di corde vocali versatili e resistenti. Attraverso intensità, dinamica e tecnica, ma soprattutto grazie a un istinto innato, la cantante riusciva a portare l’ascoltatore in una dimensione immaginaria, in un mondo altro.
Oggi le nuove frontiere della tecnologia, pur non dimenticando l’intramontabile binomio piano-voce, forniscono al musicista nuove possibilità tecnologiche, come quella del live coding. Nel workshop formativo, tenuto da Francesco Corvi, si esplorano proprio le relazioni tra uomo e computer in campo compositivo. Attraverso una serie di codici alfanumerici che si inseriscono all’interno del software TidalCycles, si possono riprodurre suoni che costruiscono una melodia. Oltre a questo il suono viene collegato a un motivo visivo con tratti psichedelici. Dunque, la personalità richiesta in una performance live viene assorbita da un sistema tecnologico, ma, mentre l’intelligenza artificiale formalizza il processo creativo rendendolo schematico e imposto, il live coding fornisce all’essere umano una serie di strumenti per amplificare le possibilità creative.
Il legame umano-computer, di cui si serve questa tecnica, prevede l’utilizzo di un linguaggio, inteso come interazione tra due persone. Questa sinergia diventa il fulcro della performance, che si esprime attraverso una creatività ibrida: la macchina, in questo contesto, diventa l’estensione dell’ingegno umano e, non ponendo limiti alla composizione musicale, diventa essa stessa parte del processo compositivo.
La tecnica del live coding, inoltre, crea una seria di colori, grafiche ed elementi psichedelici che si combinano con i suoni prodotti, facendo immergere il pubblico in una dimensione futuristica nella quale si abbandona la percezione spazio-tempo e si viene trasportati nel mondo creato dal performer.
Matteo Rosario Cundari