Figure e forme dell’autoritratto

Workshop a cura di Alice Guareschi, Gaia De Megni e Jacopo Martinotti
Cosa significa autoritratto? Un viso, un riflesso, un oggetto sono solo alcuni dei modi di indagare la propria identità e lasciare traccia di sé. Da sempre l’artista sente la necessità di raccontarsi, attraverso i mezzi che meglio lo rappresentano, così efficaci da parlare al suo posto. È spesso il volto a diventare strumento, oggetto e testimonianza di una ricerca personale: per questo subisce trasformazioni e mutazioni, in grado di evidenziare quelle parti di sé non visibili in superficie. In altri casi invece l’identità si percepisce nell’assenza, nel vuoto: può essere il solco lasciato nel proprio letto – come nel caso dell’opera My Bed di Tracey Emin – o in una stanza deserta.
Durante il workshop Figure e forme dell’autoritratto, condotto da Alice Guareschi, Gaia De Megni e Jacopo Martinotti, gli studenti hanno esplorato il tema dell’autoritratto in maniera libera e personale, sfruttando qualsiasi mezzo o tecnica a disposizione. Prendendo ispirazione dalle forme che l’autoritratto ha assunto nel corso dei secoli, ognuno dei partecipanti ha realizzato una fanzine attorno a un’immagine, una parola o una suggestione in grado di dare forma a ciò che sentono di essere. Spaziando da collage di un tratto caratteristico del volto, come sono gli occhi, a pile di vestiti abbandonati su una sedia, tutto è diventato occasione per presentarsi a un gruppo di persone fino ad allora sconosciute, in un’atmosfera intima e familiare. Uno sguardo su di sé da una prospettiva diversa è ciò che i progetti hanno restituito, in una visione d’insieme molteplice e per questo affascinante.
Gaia Geremia