Intervista a Maxence Dinant

Un suo autoritratto in poche parole?

Mi definisco una persona curiosa, sempre alla ricerca di nuove ispirazioni per i miei lavori. Parallelamente sono anche irrequieto: non riesco a rimanere fermo in un unico posto o una determinata situazione.

Quali sono gli strumenti che usi nel tuo lavoro e come sono cambiati negli ultimi anni?

Sinceramente non mi è possibile pensare a degli strumenti specifici. Come ho detto, non mi trovo bene in un solo abito, non ho una comfort zone, mi piace variare ed esplorare. Per questo ho assunto ruoli molto diversi tra loro, ma ogni strumento che ho utilizzato durante la mia carriera professionale mi è utile ancora oggi.

Perché ha scelto di realizzare questo workshop che collega ecologia ed intelligenza artificiale?

A mio parere, il momento storico in cui ci troviamo interseca entrambe le problematiche. Sono temi su cui si stanno attivando moltissimi artisti; per esempio vedere le opere esposte alla mostra Training Humans per me è stato come subire un elettroshock: mi ha portato a riflettere sui pericoli che si possono nascondere dietro un fenomeno che ormai diamo per scontato come l’intelligenza artificiale. Quando ho chiesto ai ragazzi in classe di dirmi cos’era per loro la bellezza, ad esempio, alcuni sono venuti alla cattedra con una pagina di Pinterest. Avevano cercato “bellezza” e mi avevano portato i risultati. Secondo me, questo modo di utilizzare il proprio smartphone uccide la creatività e la voglia di sviluppare un proprio pensiero. Allo stesso tempo, però, è una fonte di informazione che ci ha portato a realizzare prese di coscienza come il Global Strike for future.

Elisa Miatton e Tian Tian He