
Intervista a Fay Freeman e Jean Whitehead
Come descrivereste voi e il vostro lavoro, se doveste farvi un autoritratto?
F.F.: Veniamo dall’università di Falmouth, nel Regno Unito, e il nostro obiettivo in quanto docenti è formare giovani studenti nelle discipline del design e interior design, spesso con l’aiuto di maestranze e professionisti che contano diverse competenze, quindi per descriverci userei gli aggettivi collaborativo e multidisciplinare. Specialmente quando c’è da dover concludere un lavoro sotto pressione, il modo migliore di farlo è in un ambiente ricco di stimoli e idee, dove ci si da una mano a vicenda e si vagliano le idee migliori.
J.W.: Credo che la solida base teorica e l’esperienza siano la chiave per ogni lavoro: avere un bagaglio vario e ricco permette di generare quegli accostamenti di idee apparentemente così lontani tra loro per poi generare qualcosa di nuovo e inedito. È questo il ciò che si richiede a un designer.
Cosa è cambiato negli strumenti di ieri e cosa hanno in più quelli di oggi? Quali preferite?
J. W.: Il modo più tradizionale: gli strumenti usati da ogni designer del tempo, carta e matita. Ciò che apprezzo di più è la spontaneità che emerge dall’uso di questi strumenti.
F.F.: Adoro lavorare col mio Ipad pro. Garantisce un’ottima fluidità nel lavoro: mi permette di lavorare sulle foto che ho scattato e quindi sketcharvi sopra, modificandole e creando un’immagine di riferimento per i tipi di interventi che intendo applicare. Oltre a questo posso anche registrare materiale video, molto utile nel caso sia necessario fare dei rilievi oppure studiare preventivamente l’ambiente.
Cosa ami particolarmente del tuo lavoro? Cosa pensi sia fondamentale?
J. W: Come interior designer trovo molto importante il grado di libertà che mi può essere concordato dal riallestire/riqualificare un ambiente. Non vi è nulla di più gratificante che vedere quello che un ambiente è stato, per poi immaginare cosa sarà in futuro. Oltre questo, l’atmosfera che traspare dagli ambienti è un aspetto che permette di esprimere al meglio l’identità di un interno e, ancora di più, permette di immaginare come la gente possa praticarlo.
F.F.: Pensare al futuro, ovviamente! E muovermi in mezzo a più professionalità come graphic designers, studenti di design, scenografi… specialmente se giovani, dato che sarà la loro generazione a determinare il design di domani.
Daniele Pruneri e Amedeo Caramazza
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